Incoraggiati dal timido sole in un sabato di fine inverno decidiamo, questa volta, di sconfinare in Veneto. Per la consueta ed irrinunciabile passeggiata preparatoria, anche per dimostrare che non siamo solo dotati di papille & capientissimo stomaco (soprattutto il secondo) non ci sottraiamo alla piacevole visita di villa Pisani, goiellino palladiano di periodo giovanile.
Ottimamente restaurata anche se non proprio monumentale, di grande rilievo ci paiono soprattutto la facciata di rispettosa e doverosa simmetria ed il salone, piuttosto spazioso e di ardita concezione architettonica (se si ha la pazienza di alzar lo sguardo).
Felici dell'insperato frangente di elevazione culturale, durante il quale abbiamo potuto dare elegante sfoggio del consueto repertorio di commenti infarciti di disarmanti e presuntuose banalità, siamo pronti per l'ennesima esperienza enogastronomica di un febbraio che, dobbiamo dirlo, non è stato certo avaro di piacevolissime sorprese.
La Peca, illuminata da due prestigiose stelle, è arroccata su una collina non lontana dal centro di Lonigo in un'edificio che da fuori potrebbe sviare, ma all'interno regala un ambiente curato ed originale.
La sala è luminosa e piacevole. La perfetta distanza tra I tavoli assieme alla cortesia dei giovani addetti al servizio e, perchè no, alle premurose attenzioni della padrona di casa, ci mettono immediatamente a nostro agio.
Per l'occasione, ottimamente consigliati dal vate-gourmet della zona (uno che qui basta nominarlo e già tutti pensano che, forse per osmosi, anche tu sia un profondo conoscitore di ogni meandro della gastronomia) abbiamo richiesto al momento della prenotazione una degustazione ampia che ci consentisse di avere un'idea della cucina della Peca. Il tutto, sempre su consulto del Vate, rigorosamente annaffiato da uvaggio autoctono.
Al nostro arrivo fà capolino dal tavolo un ampio menu personalizzato che, onorati, accettiamo senza riserva alcuna consci dell'ennesima sfida gastrica che ci viene lanciata (e che per la verità avrà esiti sorprendenti).
Ed ecco il benvenuto: cucciolone di scampo con radicchio tardivo all'aceto balsamico. E' giusto: da Uliassi il wafer al foie gras, da Cedroni il gelato al parmigiano con le cialde, alla peca il cucciolone. Tre ottime idee per iniziare un pasto in modo divertente.
Pappa al pomodoro con calamaretti spillo zotoli e canoce spuma di patate e salsa di mosciame di alghe. In questa occasione ho amato profondamente la qualità delle materie prime cotte in modo perfetto. Non sono sicuro però del fatto che l'abbinamento con la pappa al pomodoro sia in grado di valorizzare la qualità e la maestria nella preparazione degli ingredienti suddetti. Non fraintendetemi però: il piatto è ben presentato gustoso ed equilibratissimo.
L'agnello di Pauillac, vellutata di patate al Timo, carciofi e maionese di prezzemolo con tartufo nero di norcia è una portata veramente difficile da dimenticare. Presentazione superba e coloratissima. Grande divertimento nel pescare I pezzetti d'agnello nel mare di vellutata di patate. La maestria del piatto sta nella generale delicatezza: gli ingredienti, sempre opportuni, coprono solo visivamente l'eccellente materia prima: sul palato l'ordine dei fattori si inverte e si scopre che tutto qui è al servizio del superbo agnello di Pauillac. Non credo sia per nulla facile riuscire ad esaltare una tale materia prima in modo così originale senza coprirne affatto il sapore ma infilando sapientemente spunti gustosi senza alcuna prevaricazione.
Non mancano nel nostro menu due interpretazioni sul fegato grasso. La versione frittella crema di lattuga e gelatina al pomodoro non lascia particolari ricordi. La versione con frutta e gelatina di cassis, di assai gradevole presentazione, è fresca e piacevole.
Quando si parla di tradizione e di semplicità degli ingredienti qualcuno può pensare a portate un po' monotone, magari di limitato momento, talvolta gustosissime ma mai del tutto sorprendenti.
Nicola Portinari con I bigoli integrali con acciughe alici marinate e gelato di cipolla di tropea ci dimostra fuor d'ogni dubbio che non è sempre così e lo fa con un piatto in cui c'è tutto. La pasta è così perfettamente cucinata che a guardare la fotografia sembra d'essere un cane di Pavlov tanta è l'aquolina. I cubetti di pane tostato danno quel tocco ruffiano che non ci permetteremmo mai di disdegnare. Il gelato alla cipolla di tropea (a proposito mi pare di averne assaggiato uno simile da qualche parte...) è la chiave di volta di tutta l'opera. Se non ci fosse avremmo un ottimo piatto con spunti tradizionali. Il gelato dona invece il piacevole contrasto caldo/freddo che arricchisce il tutto allargando le prospettive.
Soffici di zucca in brodo-essenza di brasato con estratto di tannini da vino merlot. Un'altra presentazione gioiosa ed assai curata. L'estratto di tannini di merlot in poche gocce al centro del piatto colora il brodo di un rosso incantevole e fa le veci del nonno che quando eri piccolo non mancava, con tuo enorme consenso, di allungarti col lambrusco il brodo dei tortellini. L'effetto, oltre alla appena citata madeleine, è un brodo gustosissimo nel quale galleggiano placidamente I soffici di zucca. A dimostrazione che nulla è lasciato al caso, ai bordi del piatto non mancano piccoli croccanti di mandorle utilissimi per bilanciare le mollezze dei galleggianti con un divertente contrasto.
La sopa coada di cappone e gallina ruspante crema di cipolle dolci con pioppini e pistacchi alle erbe è un altro divertente gioco sulla tradizione. C'è tutto quello che si può desiderare in una zuppa e forse molto di più. Però non è una zuppa. I pistacchi sono un vero e proprio un tocco da maestro.
Incominciamo con I secondi. Ventresca di tonno rosso cotta nel fumo di faggio con vellutata di patate e schiuma di pomodori invernali. La vellutata si dimostra una costante un poco monotona. Debbo poi confessare che personalmente non ho compreso l'abbinamento con la schiuma di pomodori che mi pare leggermente prevaricante. Ciò detto, la ventresca è meravigliosa e preparata in maniera ineccepibile.
Ed ora: maialino da latte con pelle croccante patate di rotzo e cappuccio ai semi tostati. Piatto semplice ma come sempre ben preparato. Il maialino è perfetto e gustoso al punto giusto. Ottimo l'abbinamento con il cavolo cappuccio ed I semi tostati. Nessun volo pindarico ma tanta buona concretezza.
L'ultimo irrinunciabile tuffo nella tradizione è la polenta, osei e osei scapà pernice bianca pernice rossa coppa di maiale pancetta e fegato nella rete. Il nome descrive esattamente il piatto. La divertente presentazione predispone alla mattanza di pennuti resi ancor più appetitosi dal provvidenziale bagno nel sugo di cottura che viene sapientemente irrorato dalla gentilissima padrona di casa. Se mi concedete una divagazione mielosa dirò che è per me sempre un piacere scoprire nei ristoranti “di livello” preparazioni così goduriosamente rustiche.
Non manca la piccola pasticceria, varia ed originale.
Predessert: spuma al tocai rosso con gelatina di fichi e vaniglia: bellissimo con tutte quelle tutte quelle bollicine...
e anche buono e fresco come si conviene.
Arrivano due dolci.
Fiordilatte alla camomilla con biscotto al finocchietto e aria di miele di Sulla. Riuscite ad immaginare una presentazione più trionafale di questa? L'aria di miele scoppietta che è un piacere e il cucchiaino indugia nel dissacrare tanta bellezza. Ma ne vale decisamente la pena.
E al novantesimo ecco il colpo da K.O.
Come una cassata ai mandarini con gelato al pistacchio di bronte e capperi disidratati. Un dolce semplicemente perfetto, straordinario ed imperdibile. Il contrasto dolce/salato è un gioco che qui viene condotto con inusitata maestria e felicissima mano. Ci si diverte davvero a giocare con ogni cucchiaiata assaporando sempre differenti equilibri senza mai scadere nella disarmonia. Tecnica magistrale e grande gusto.
La cucina della Peca è sempre equilibrata ed intelligente. Grande è il rispetto per la materia prima, selezionatissima così come graditissima è la cura per la presentazione di ogni portata in cui non mancano piccoli ma significativi inviti ad ogni tipo di contrasto e di gioco.
Un particolare encomio va alla straordinaria leggerezza dei piatti, aspetto che non sempre viene adeguatamente considerato dagli chef. Io ed il mio compare abbiamo digerito questa incredibile sequenza di portate (fortunatamente servitaci in dosi perfettamente calibrate) in men che non si dica.
Un ultimo ringraziamento va alla simpatia ed alla cordialità di Pierluigi Portinari, geniale pasticcere, che ha sacrificato parte del suo sabato pomeriggio a conversare con noi, piacevolmente adagiati sulle comodissime poltrone della sala distillati.
Dalla bellissima carta dei vini ci sono stati serviti:
- Cuvèe la Peca brut 2004 - Cà Rovere - Alonte (Vi)
- Incrocio Manzoni 2006 - Sutto - Campodipietra (Tv)
- Doro 2004 - Azienda agricola Masari - Valdagno (Vi)
- Durello “Montemagro” 2007 - Piccinin - San Giovanni Ilarione (Vr)
- Sassaia 2007 - Angiolino Maule - Gambellara (Vi)
- Rosso Nanni 2007 - Daniele Portinari - Alonte (Vi)
- I Capitelli 2006 - Anselmi - Monteforte d'Alpone (Vr)
Il conto: 2 menu degustazione 220,00 euro; 2 degustazione vini 86,00 euro; 1 caffè 4,00 euro; 1 distillato 8,00 euro; 3 acqua minerale 12,00 euro: TOTALE (in due) 330,00 euro.
Imperdibile!!!
[candy]
14/03/2009
:)