Un passo indietro negli anni non solo per la tradizionale Osteria Padana, non solo per il busto di Benito ed altri ricordi del ventennio, non solo perché la prima volta che ci andammo qualcuno disse a Mario “qui non ci torniamo più perché si mangia troppo”, ma soprattutto perché qui si mangia benissimo e si spende relativamente poco.
Siamo in quattordici e ci accomodiamo alla nostra tavolata proprio ad un passo dal braciere dove Mario, con maestria, cuoce i vari tagli di carne che ci verranno proposti.
E si parte con gli antipasti già pronti, ciccioli, frittata, giardiniera, panini/ tigelle appena fatti, salumi vari (fra cui una eccellente Spalla di San Secondo) mozzarella e, per non lasciare nulla al caso: cotechino e pesto/ battuta di cavallo (che qualcuno si ostina a chiamare “tartare”).
Spazzoliamo tutto ed ordiniamo un tris di primi:
gnocchetti di patate al gorgonzola e funghi chiodini, assolutamente appetitosi al limite del superlativo;
trofie con pancetta affumicata e zafferano, originale l’accostamento e piatto stupendo e colorato;
tortelli di zucca, veri mantovani, dolcissimi, qualcosa ben oltre la normalità.
E mentre il discreto lambrusco Mantovano 1928 della Cantina di Gonzaga scorre a fiumi assieme ad una discreta quantità d’ acqua (in bottigliette da 0,500 pet), ci prepariamo alle portate di carne.
Ed in successione arrivano:
tagliata di Marchigiana con ossa incluse: tenerissima oltre il lecito;
Tagliata di Cavallo con Grana e rucola: molto meno tenera ma assolutamente gustosa e d’impatto;
Tagliata di Scottona: della serie “se il burro è tenero, questa lo è di più”;
arrosticini di angus: più che arrosticini spiedini, ma ugualmente stupendi.
Come contorno un paio di piatti imperiali di insalata mista 8che ho tranquillamente ignorato) ed alcuni piatti di patate arrosto che non hanno visto il domani.
E fa ingresso in sala il carrello dei dolci, profiteroles, torta cioccolato/pere, ai frutti di bosco, foresta nera, ed altre.
Mi faccio tentare da un “doble”, un po’ profiteroles un po’ torta di cioccolato/pere, tutto stratosferico ma è la porzione che mi mette definitivamente “a sedere”.
Mentre gli amici continuano il tour de force con nocino, Limoncello, grappa, liquirizia e non so più dire cosa sia apparso sulla tavola, mi accontento di un paio di caffè ben fatti.
Ambiente simpatico, alla buona, mai troppo chiassoso, mai troppo soft; locale da “ci si torna sempre volentieri”.
De André, in una nota canzone, diceva “anche sul prezzo c’è poi da ridire”, qui sul prezzo non c’è da ridire nulla: TRENTA EURO spesi alla grande.
Imperdibile!!!
[lo zio]
30/05/2016